Nicola Caracciolo e Giulietto Chiesa
n questi giorni, così densi di eventi tragici, sono venute meno le voci di due giornalisti, molto diversi tra loro, ma accomunati dalla vocazione all’indipendenza da ogni condizionamento esterno, di testata, di partito, di ambiente sociale e culturale cui pure appartenevano.
Per questi motivi, un premio che nasce dalla memoria e dall’esperienza di Mimmo Candito li ricorda con grande rispetto e condivide il dolore di Rossella Sleiter, consorte di Nicola Caracciolo, e di Fiammetta Cucurnia, consorte di Giulietto Chiesa.
Quale inviato de “L’Avanti!” in Algeria, Nicola fu addirittura arrestato dalle autorità militari francese. Corrispondente de “La Stampa” a Washington, negli anni della protesta contro la guerra nel Vietnam e della grande marcia di Martin Luther King, non fece mai mancare ai suoi per lo più moderati lettori torinesi quanto osservava il suo vigile occhio di cronista, debitamente critico della politica di Nixon e di Kissinger. Successivamente diede tutto il suo impegno alla causa dell’ambiente, guidando la lotta vittoriosa contro l’impianto nucleare di Montalto. L’attitudine alla comprensione delle motivazioni dell’avversario, la mitezza e l’eleganza dei modi, non interferivano con la totale intransigenza con cui testimoniava i suoi valori, praticando conseguenti obiettivi.
Analoga intransigente indipendenza si ritrova nella storia giornalistica e politica di Giulietto Chiesa. Nella prima fase della sua vita pubblica comunista del tutto ortodosso, quale corrispondente de “L’Unita’” a Mosca, con totale libertà, illustra limiti e contraddizioni della quotidianità sovietica – al punto di spingere le autorità a sollecitare la sua sostituzione che Enrico Berlinguer, segretario del Pci rifiuta – fino a individuare, per primo o tra i primi, i segnali della “perestrojka” che segnera’ la rivoluzione democratica guidata da Michail Gorbaciov e il crollo del Muro di Berlino. Dopo avere lavorato per “La Stampa” e per la Rai, negli anni successivi, egli diventerà uno dei suoi principali collaboratori, durante e dopo la sua sostituzione, favorita se non imposta da Washington, con Boris Eltsin.Esigenza fondamentale della sua concezione della professionalità era quella di esprimere con piena liberta’ e anche intuizioni, cercando e cambiando di volta la sede, il mezzo e la testata che glie lo avrebbe consentito