La Corte Europea contro le intercettazioni ai giornalisti:
“Tutelare le fonti segrete”
di Fabrizio Assandri
Un punto per la libertà di informazione. La Corte Europea dei diritti dell’Uomo boccia le intercettazioni dei giornalisti. Il caso riguarda una reporter di Radio Free Europa, con sede a Kiev: per la corte di Strasburgo lo Stato non aveva diritto a intercettarla e nemmeno a “georeferenziarla”. Misure giudicate “sproporzionate e non giustificate” e ancora “non necessarie in una società democratica”.
La sentenza, depositata a inizio aprile, arriva mentre in Italia si scopre di decine di giornalisti intercettati dalle procure, come quelle di Trapani e di Ragusa nel corso di indagini in tema di immigrazione. Tanto da spingere la ministra della Giustizia Marta Cartabia a inviare gli ispettori. Il caso sul quale si sono espressi i giudici della Corte Europea, Sedletska contro Ucraina, si riferisce a una fuga di notizie dall’Autorità Anticorruzione. La giornalista di Radio Free Europa, lavora anche a un programma tv sulla corruzione.
Lo scopo delle intercettazioni era di scoprire le fonti della giornalista, infrangendo il rapporto di fiducia e la segretezza garantita dalla professione. Gli inquirenti avevano avuto l’autorizzazione ad accedere ai tabulati di Sedletska e, dopo il suo ricorso in appello, le intercettazioni erano state limitate a certi luoghi, in pratica alla sola geolocalizzazione.
La giornalista si è così rivolta a Strasburgo e ha accusato il suo Paese di violare l’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sulla libertà d’espressione. I giudici le hanno dato ragione e hanno condannato l’Ucraina anche a pagare i danni non patrimoniali e le spese processuali. “La corte ribadisce – si legge nella sentenza – che la protezione delle fonti giornalistiche è una delle pietre angolari della libertà di stampa”. E ancora: “Senza questa protezione, le fonti potrebbero essere scoraggiate dall’aiutare la stampa ad informare il pubblico in materie di interesse pubblico. Come risultato, il ruolo vitale della stampa di cane da guardia pubblico sarebbe minato”. Un cane che, come diceva Mimmo Cándito, oggi abbaia sempre di più e morde sempre meno. E, quando morde, come in questo caso, c’è chi cerca di mettere la museruola. Secondo la Corte, “le limitazioni alla confidenzialità delle fonti giornalistiche richiedono il controllo più attento”. E sono sempre da bilanciare “con l’esigenza della società democratica nell’assicurare una stampa libera”. Perciò la segretezza delle fonti è un diritto “da trattare con la massima cautela”.
La sentenza di Strasburgo può fare scuola anche in Italia, dove le norme che tutelano il segreto professionale per i giornalisti sono contraddittorie e dove, per la diffamazione, è ancora previsto il carcere per i reporter.
Il link della sentenza sul sito della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo